Per una Cooperativa di Comunità di Quartiere

Per una Cooperativa di Comunità di Quartiere

La Fondazione di Comunità del Salento introduce l’ipotesi di costruzione di una Cooperativa di Comunità a scala di quartiere: un laboratorio aperto di prossimità, con iniziative che provengano da altri quartieri, fondato su attività operative e di mutualità.

La Cooperativa di Comunità è un modello di aggregazione sociale in grado di costruire risposte condivise dai cittadini ai bisogni collettivi, in quanto strumento di coesione della comunità stessa, in cui ogni socio e cittadino mette a disposizione la propria creatività, le proprie capacità, il proprio saper fare, per rispondere ai fabbisogni in una logica di sviluppo locale sostenibile.

La Cooperativa di Comunità costituisce un progetto condiviso, partecipato, che valorizza rafforza il capitale relazionale, il patrimonio comunitario, la cittadinanza attiva nella gestione dei beni comuni, instaurando nuovi rapporti di fiducia e reciprocità e mettendo in rete le risorse, spesso dormienti, del territorio attraverso lo strumento imprenditoriale della cooperativa, un modello democratico e intergenerazionale.

La cooperativa di comunità può essere definita come un’impresa che possiede i seguenti requisiti: 

  • è un’impresa: in grado di produrre beni o servizi in modo stabile e continuativo, inclusi beni di proprietà “comune” o pubblici, e di allocarli in modo da garantire la propria sostenibilità; 
  • è cooperativa: posseduta e gestita, del tutto o in larga prevalenza, da persone (i soci) sulla base di principi inclusivi e democratici; 
  • è radicata in una comunità: ha come obiettivo ultimo il miglioramento delle capacità di vita di una comunità locale, intesa non solo come i residenti in un dato territorio, ma anche come un gruppo di persone che condividono, secondo varie modalità, valori e culture coagulate intorno a luoghi, interessi, risorse e progetti; 
  • è aperta e orientata allo sviluppo nel tempo: in quanto impresa per la comunità essa deve garantire a tutti i membri della comunità (soci e non) un accesso non discriminatorio ai beni e servizi forniti e gestiti, applicando in modo pieno il principio della porta aperta e attenuando il principio di mutualità inteso come attività realizzata prevalentemente in favore dei soci.
  • In quanto impresa della comunità essa fa salva la non distribuibilità degli utili di esercizio e del patrimonio, caratteristica che aiuta l’impresa cooperativa ad essere duratura, intergenerazionale ed inalienabile.

La cooperativa di comunità, così come l’abbiamo definita, si contraddistingue quindi in base all’obiettivo da perseguire (l’interesse generale della comunità), alla natura dei beni/servizi prodotti (beni o servizi di interesse generale della comunità) e ai beneficiari dei beni/servizi (non solo i soci della cooperativa, ma tutti coloro che vivono o lavorano nel luogo nel quale la cooperativa svolge la sua attività). A partire da questi elementi costitutivi è possibile elencare alcune specificità e strumenti che dovrebbero caratterizzare una cooperativa di comunità. Questi riguardano in primo luogo lo scopo, le attività, l’organizzazione e la governance dell’impresa.

1) Lo scopo di interesse generale 

Qualunque sia l’attività, lo scopo della cooperativa di comunità deve essere quello di perseguire il benessere della comunità attraverso la produzione di beni e servizi di interesse generale e di promuovere processi di sviluppo economico e sociale “dal basso”, orientati al soddisfacimento dei bisogni fondamentali e al miglioramento delle condizioni economiche e della qualità della vita per la popolazione locale. Lo sviluppo deve essere endogeno, nel senso che le scelte che governano l’attività dell’impresa devono essere fatte localmente, centrate sulla stessa comunità locale e sulla sua capacità di auto-organizzarsi. 

2) Le attività tra mercato e reciprocità 

La cooperativa di comunità, operando in specifici territori, si sviluppa a partire dalla riscoperta e la valorizzazione delle risorse mobili (ad esempio, capitale umano) e immobili (ad esempio, patrimonio naturale, edifici abbandonati, cultura locale, ecc) che appartengono a quel determinato territorio. Queste risorse – in alcuni casi inutilizzate, in altri casi gestite in modo inefficiente (ad esempio, servizi educativi o socio-sanitari, edifici, spazi pubblici, ecc) – possono diventare patrimonio comune, beni/servizi gestibili e fruibili da tutti coloro che appartengono a quella data comunità e che si identificano con essa. Le risorse locali (materiali e immateriali) rappresentano il “capitale territoriale” della comunità che produce vantaggi collettivi non divisibili e non appropriabili singolarmente e che è caratterizzato da specificità (risorse difficilmente reperibili altrove con le stesse caratteristiche), radicamento e non trasferibilità (risorse incorporate in quel determinato luogo). Partendo da queste risorse, gli attori locali devono talvolta anche essere capaci di attrarre risorse esterne di diversa natura. Dal punto di vista pratico, questo significa che la cooperativa deve poter svolgere qualsiasi attività senza limitazioni purché dimostri che attraverso di essa realizza il proprio obiettivo di interesse generale. 

3) L’organizzazione d’impresa 

Pur normalmente promossa da cittadini, la cooperativa di comunità, affinché sia in grado di perseguire l’interesse della comunità tramite la produzione e la fornitura di beni e servizi di utilità sociale, deve strutturarsi come impresa capace di gestire in forma continuativa e professionale i vari fattori produttivi (capitale, mezzi di produzione, lavoratori), e di essere sostenibile in termini economici e sociali. Data tuttavia la particolarità dei suoi obiettivi e delle attività svolte, il sostegno all’attività è spesso garantito dall’accesso a un mix di risorse provenienti, oltre che dalle entrate generate dalla vendita di beni e servizi anche da altre fonti come il volontariato (regolato in modo chiaro e preciso), le donazioni, i contributi pubblici e lo stesso apporto alla formazione del capitale dell’impresa da parte dei cittadini-soci.

4) La governance inclusiva e partecipativa 

Per essere pienamente di comunità la cooperativa dovrebbe essere controllata dai membri della stessa e prevedere il coinvolgimento diretto (almeno potenziale) di tutti i soggetti interessati alla sua attività, o quanto meno di una minoranza attiva che rappresenti tutti gli interessati. In altri termini il gruppo promotore e quello che gestirà l’impresa dovranno farsi portatori degli interessi di tutti coloro che hanno nei confronti dell’impresa qualche interesse di rilievo, in modo da garantire che i servizi siano offerti a tutti i membri della comunità senza discriminazione e alle stesse condizioni.

Per garantire che la cooperativa di comunità resti fedele all’obiettivo di soddisfare i bisogni comuni e non finisca per proteggere interessi specifici (ad esempio, dei soli lavoratori), essa deve adottare un modello di governance il più possibile inclusivo, partecipato e rappresentativo della composizione sociale della comunità stessa. Da un lato, devono poter diventare soci della cooperativa tutti gli interessati alla sua attività: persone fisiche, persone giuridiche, organizzazioni non imprenditoriali ed enti locali. Dall’altro, deve essere previsto (anche attraverso procedure di consultazione ad hoc) il coinvolgimento di una pluralità di stakeholder (dagli utenti ai lavoratori, ma anche i finanziatori, i volontari, i cittadini, ecc), così da sfruttare le opportunità che attori con interessi differenti siano in grado di individuare, cogliere e sviluppare. 

Infine, per garantire sia la salvaguardia della finalità sociale che l’appartenenza del valore creato nel tempo alla comunità locale, un altro elemento distintivo della cooperativa di comunità è rappresentato dal doppio vincolo alla distribuzione degli utili derivanti dalle attività economiche svolte e all’alienazione del patrimonio che in caso di cessazione dell’impresa dovrebbe essere destinato a organizzazioni della stessa natura e operanti nel medesimo contesto territoriale. 

Tipologie di Attività che può svolgere:

  • Produzione o gestione di beni o servizi di interesse generale per la comunità (ad es. socio-assistenziali, sanitarie, educative, energia alternative e rinnovabili, ambiente, acqua)
  • Gestione e valorizzazione di beni e infrastrutture pubbliche o private (ad es. negozi, bar, musei, aree naturali, esercizi pubblici, luoghi di aggregazione sociale, strutture ricettive)
  • Gestione di attività e interventi per lo sviluppo economico locale (ad. Es. attività agricole, industriali, commerciali)

La Cooperativa di Comunità dovrebbe costituirsi intorno ai seguenti punti chiave: 

  • indicare come obiettivo dell’impresa l’interesse generale della comunità e lo sviluppo economico e sociale del territorio nel quale essa opera; 
  • il territorio di riferimento dovrebbe essere chiaramente definito in termini geografici dalla stessa cooperativa di comunità. I confini di questo territorio (che dovrebbero corrispondere ad una certa identità naturale e/o culturale, senza necessariamente conformarsi ai confini amministrativi) dovrebbero essere indicati nello statuto della cooperativa e la loro variazione dovrebbe avvenire solo con una modifica dello statuto, a maggioranza qualificata; 
  • l’ambito di intervento dovrebbe essere sia la fornitura di beni di comunità (beni o servizi di interesse generale per la comunità) sia la realizzazione di tutte le attività ritenute funzionali allo sviluppo sociale ed economico del territorio di riferimento, senza limitazioni, a condizione che l’impresa sia in grado di dimostrare che attraverso di esse realizza l’interesse generale della comunità; 
  • la cooperativa di comunità dovrebbe essere controllata dai membri della comunità locale tramite forme di governance multi-stakeholder aperte e partecipate, in modo da garantire la partecipazione attiva e l’inclusione di differenti tipologie di soggetti portatori di diversi interessi. 
  • la legge dovrebbe prevedere, come per le cooperative in generale anche per le cooperative di comunità limiti alla distribuzione degli utili correnti e il vincolo totale alla distribuzione del patrimonio, per garantirne la salvaguardia della finalità sociale e l’appartenenza alla comunità di riferimento; 
  • la legge dovrebbe garantire a tutti i membri della comunità un accesso non discriminatorio ai beni e servizi forniti/gestiti.

Un’impresa cooperativa di comunità così definita e normata potrebbe affermarsi come un nuovo soggetto in grado di mobilitare risorse pubbliche e private ad oggi dormienti e garantire la gestione partecipata e democratica dei processi legati alla loro riattivazione, contribuendo in modo più efficace alla valorizzazione del territorio in cui opera e alla creazione di un ambiente favorevole per lo sviluppo di nuove attività economiche.

Approfondimenti: Ministero dello Sviluppo Economico, Studio di fattibilità per lo sviluppo delle cooperative di comunità, Roma, 7.9.2016